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PICCOLE IMPRESE, IMPRESE PICCOLE.

By admin on 30/10/2013 in Politica e società
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La crisi del lavoro.

La storia delle Pmi italiane è parte integrante della storia del nostro paese, del suo sviluppo economico e del sistema produttivo e occupazionale nazionale.

Alle Pmi si deve gran parte del merito del miracolo italiano del secondo dopoguerra dove, in una situazione disastrosa, l’Italia doveva recuperare e riorganizzarsi per la crescita e per il suo  progresso.

Questo è stato  possibile e con risultati molto rilevanti soprattutto  grazie al modello che le  piccole medie imprese hanno rappresentato.

Il fenomeno delle piccole medie imprese  in realtà esiste in tutti i paesi del mondo ma in poche nazioni e così marcato come in Italia, che detiene il primato mondiale per numero e diffusione sul territorio.

In un mercato che però  diventa ogni giorno più  internazionale  e globalizzato, bisogna avere il coraggio di chiederci se tutto quanto fatto finora sia ancora oggi un punto di forza o stia piuttosto diventando un elemento  di debolezza e soprattutto di vulnerabilità.

E’ indubbio che  le particolari dimensioni delle imprese italiane debbano  diventare  oggetto di riflessione per comprendere  se tale condizione sia anche una delle  cause della scarsa competitività economica degli ultimi decenni.

Spesso “piccole dimensioni” è   sinonimo di flessibilità e  di capacità decisionali rapide, nonché di impresa snella e perciò capace di agire in modo rapido alle sollecitazioni del mercato e ai suoi cambiamenti.

Questo però spesso comporta anche il rischio di un eccessivo radicamento alle tradizioni e al “territorio conosciuto” con l’inevitabile limite di non avere l’adeguata capacità a investire su nuovi mercati o spostarsi su prodotti nuovi e più competitivi.

E’ fondamentale quindi ripensare  l’attuale dimensionamento della piccola e media impresa attraverso un robusto processo di ristrutturazione e di crescita dimensionale  per poter sostenere un più significativo  livello di export e quindi di  reddito d’impresa.

Ma le Pmi oggi sono estremamente levereggiate , il rapporto tra i debiti finanziari e il patrimonio netto a valore di mercato è di 1 a 1 (Fonte Banca d’Italia) mentre la piccola dimensione delle imprese  e la governance prettamente familiare rendono gli imprenditori restii ad aprire sia il capitale sia la governance stessa all’ingresso di nuovi soci.

I piccoli medi imprenditori nella maggior parte dei casi sono anche diffidenti nei confronti di operazioni di fusione e/o aggregazione e nel tempo hanno spesso  preferito il ricorso al debito piuttosto che la capitalizzazione delle loro imprese.

Questo è potuto avvenire in epoche in cui gli Ebitda erano tali da remunerare sia l’attività d’impresa sia il  capitale preso a prestito.

Ma nel nostro paese dal 2007 a oggi l’Ebitda  delle Pmi è sceso di quasi 10 punti medi percentuali, impedendo, oltre a qualsiasi accantonamento,  in molti casi  anche il pagamento e/o il  rimborso del debito.

Ma non c’è crescita se la stessa è sostenuta solo dal debito: l’Italia ne è il primo esempio e le  banche prestano soldi, non investono in capitale di rischio delle imprese. Questo va compreso.

Nelle fasi economiche di recessione è frequente che aumenti la percentuale di imprese che incontra difficoltà nel rimborso di prestiti a cui si aggrava la patologica difficoltà di accesso a finanziamenti ordinari.

Il risultato  è che le piccole aziende, patrimonialmente già deboli, finiscono con il soccombere.

I due terzi dei casi di default aziendale  è dato da problemi interni all’azienda sia di dimensioni sia di organizzazione : le difficoltà congiunturali spesso non sono la causa delle crisi aziendali ma non fanno altro che acuirne le  criticità ad esse antecedenti.

In parole povere la malattia colpisce chi già è debole.

C’è quindi un problema di strategia e di  governance della piccola media impresa necessarie per la sua crescita.

E’ indispensabile la diversa selezione di una generazione di  management che impari a dirigere anche in disaccordo con la proprietà, il distacco gestionale  in certi casi è salutare.

Serve un nuovo modo di pensare la nostra impresa.

Novembre 2013

Massimo Guerrini

Vicepresidente Vicario Api Torino e Provincia

 

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