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Sviluppare il Paese per non impoverirci

By admin on 19/07/2010 in Politica e società
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Il rischio è che si cada nei luoghi comuni o in quello che normalmente si definisce “accademia”.
Peccato però che i luoghi comuni siano frutto della saggezza popolare e l’accademia sia un posto
dove si studia.
In un mercato totale e globalizzato, se la vecchia Europa accetta la sfida sui costi di produzione
praticamente non ha la minima possibilità di farcela: i mercati orientali, come si sa, hanno costi di
manodopera risibili e grande disponibilità di materie prime.
L’Italia non sta certo meglio rispetto alla media europea: inefficienza della macchina statale,
burocrazia,debito pubblico, gap infrastrutturale, piccole dimensioni delle aziende, evasione
fiscale….aggiungete voi altri pezzi al puzzle.
Eppure “da fuori” gli altri paesi percepiscono un valore in noi e ce lo riconoscono.
Il Made in Italy, quello vero intendiamoci, il gusto del cibo buono, il lusso, la produzione di alta
gamma è ciò che sta facendo vincere le nostre aziende nel mondo e che le pone in una condizione di
non avere competitors :sono le aziende che vincono per la qualità dei loro prodotti e del loro brand.
C’è però un fattore tempo.
Nel tempo dobbiamo continuare a garantire tale qualità assoluta, quasi maniacale senza nulla
concedere alle sirene dei prezzi.
Nel tempo fare in fretta a consolidare tale vantaggio competitivo, perché anche se ci vorranno
decenni prima o poi anche i produttori stranieri riusciranno ad eguagliarci.
Il made in Italy è soprattutto un concetto, una filosofia che deve guidare le nostre aziende nel
solcare i mari tempestosi dei mercati mondiali, che ormai si chiamano Oriente, Medioriente,
Nordafrica e Sudamerica.
L’Europa intesa come mercato è al palo ed è malata, in quanto consuma più di quanto produce ma,
come una famiglia che ha sempre vissuto bene, non è disponibile a ridurre i propri consumi.
Anzi, con la riduzione dei tempi lavorativi le pretese e gli stili di vita dei cittadini europei tendono
sempre più ad aumentare: se non si fa qualcosa il futuro è il fallimento.
Dovremo quindi fare sempre meglio con meno.
Meno sprechi, meno risorse, più formazione e qualità.
E’ in atto già da diversi anni quella che banchieri ed economisti chiamano “dislocation”, parola
tremenda che vuol dire che la ricchezza e soprattutto gli investimenti si stanno “trasferendo” nel
mondo da Ovest ad Est.
Da questo processo inesorabile si salveranno gli Stati Uniti e ne guadagneranno tutti gli altri.
L’Europa farà la fine del panino.
Ciò che ci siamo detti non è una scelta.

Massimo Guerrini

Scarica editoriale api flash 15 luglio 2010

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