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Dove finiscono i nostri soldi?

By admin on 29/06/2011 in L'editoriale
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L’ Italia è  l’unico paese in area Ocse a non essere cresciuto negli ultimi 12 anni e ove il reddito procapite è rimasto quello del 1999 e dove qualunque manovra economica continua ad avere un atteggiamento passivo  per superare solo le emergenze.

Ogni governo  da 20 anni non ha fatto altro che parlare di tagli alla spesa pubblica e  di aumentare le tasse e combattere l’evasione (per finta) per garantire le maggiori entrate necessarie. Il tutto per contenere il famoso deficit.

Con il risultato che il deficit è costantemente aumentato e  siamo diventati il terzo debito pubblico del mondo, triplicato in 20 anni.

Questo è un fatto di una tale gravità  che ha creato, tra i tanti problemi, una crescita quasi inesistente e al tempo stesso forti e persistenti disuguaglianze nella distribuzione del reddito.

Inoltre nel prossimo decennio usciremo dal ranking delle prime dieci potenze economico-industriali del mondo: e chi si è visto si è visto.

I vari governi ci hanno sempre  detto che la priorità era il taglio della spesa pubblica e che avrebbero agito in tal senso per risanare il paese: ebbene, la spesa pubblica dagli anni ’90  ad oggi è più che raddoppiata passando da 370 mld/eu  a circa  800 mld/eu e contestualmente è esplosa la pressione fiscale passando dal 38 % al 44 % medio nel 2010.

Sembra quindi che le maggiori entrate, invece che risanare almeno in parte il deficit, siano andate  a compensare l’aumento, non dichiarato, della spesa pubblica.

Cosa è successo quindi?

La realtà vera probabilmente consiste nel fatto che non è stato fatto nessun taglio strutturale permanente, ma si è sempre agito sulla spesa tendenziale futura e MAI sulla spesa attuale e/o storica.

Il risultato è stato quindi che la spesa pubblica non è mai potuta scendere e la situazione è destinata a non cambiare  fino  a quando si agirà soltanto sugli incrementi futuri e in nessun caso sulla spesa corrente.

Dove sta sbagliando Tremonti, al quale comunque riconosciamo un ruolo importante in questo momento di difficoltà?

La verità storica dei numeri nel nostro paese dimostra che la politica di bilancio basata sui tagli di spesa  lineari  e prettamente ragionieristici rispetto ai tendenziali è una politica che non premia, ma soprattutto è una politica debole che dimostra di non avere la forza di fare delle scelte.

I tagli dovrebbero essere la conseguenza di scelte prioritarie ma soprattutto della volontà di risparmiare sulle voci dove si ritiene ci sia il marcio e piuttosto concentrarsi sulle voci che si ritengono strategiche per il funzionamento del paese e per il suo rilancio.

E come per le spese, così si deve ragionare per le entrate e le tasse.

In un periodo di recessione economica non si può aumentare l’Iva, che è una tassa sui consumi che invece dovrebbero essere incentivati.

In un periodo in cui le imprese fanno fatica, non si può lasciare in vigore una tassa come l’Irap che è di fatto una tassa sul lavoro e che penalizza, invece di supportarle, le imprese maggiormente indebitate.

Le risorse si possono trovare sulle rendite finanziarie, che rappresentano di fatto denaro fermo e non investito nei settori produttivi che invece ne hanno bisogno: una adeguata, anche se non eccessiva, maggior tassazione sulle rendite finanziarie disincentiverebbe gli investitori a tenere il loro denaro fermo e consentirebbe di mettere in circolazioni importanti capitali.

Ma tutto questo lo potrebbe fare solo un governo forte e che non amministri in base ai sondaggi ma con un reale programma per il bene del paese.

Massimo Guerrini.

29 giugno 2011

 

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