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Impresa, che fare?

By admin on 09/02/2011 in L'editoriale
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Oggi in Italia è sempre più difficile “fare impresa”. Non si tratta di una constatazione ovvia. Ma del risultato  delle condizioni in cui è il nostro Paese e del confronto con quanto accade nel resto d’Europa e nel mondo.

E’ necessario però aggiungere un’altra considerazione. L’Italia in questo momento si sta salvando anche e soprattutto per due grandi realtà tipicamente nostre: una è la piccola impresa e l’altra è la famiglia.

Leggendo i giornali in quest’ultimo periodo, emerge chiaramente quanto la piccola impresa sia il primo riferimento ritenuto credibile, soprattutto nel mondo del lavoro; l’altro grande riferimento è la famiglia, ritenuta il più importante ed efficace ammortizzatore sociale.

Questo però è il momento in cui le imprese sono letteralmente massacrate. Per capire meglio, basta guardare uno dei
tanti grafici che l’Unione europea sforna in continuazione sulla situazione economica, fiscale e tributaria dei diversi Stati.

Dalla lettura dei numeri, emerge chiaramente che siamo ai primi posti al mondo in fatto di pressione fiscale. In Italia il carico è pari al 68% contro il 44% dell’Ue e il 47% medio nel mondo. In Europa, solo Danimarca e Svezia hanno una tassazione più alta della nostra, ma si tratta di due Paesi con uno Stato sociale ben più efficiente del nostro.

E’ quindi un momento di grande difficoltà. Un imprenditore che ogni mattino sa che il guadagno della giornata va per
il 68% in tasse e imposte, non ha certo una grande prospettiva davanti. Soprattutto, tutto questo si traduce in una forte
mancanza di competitività da parte delle nostre aziende che si ripercuote poi sul mercato del lavoro.

Ma cosa si può fare?
Si parla sempre della riforma del cuneo fiscale. Si tratta di un passo non più rimandabile. In Italia abbiamo una busta
paga netta fra le più basse in Europa e i costi del lavoro più alti. E’ un altro colpo alla nostra competitività che deve essere assolutamente evitato.

Poi c’è l’Irap: una tassa calcolata sul lavoro che deve essere rivista. Così come occorre rivedere le imposte pagate sulla
base di studi di settore vecchi di anni e che risalgono a prima della crisi.

Ma parliamo di incentivi. Quali? E’ chiaro che si devono sostenere quelle aziende che restano in Italia e quelle che davvero restano in Italia. Si può pensare ad una sorta di economia a chilometro zero: lo Stato aiuti le imprese che vogliono rimanere qui, salvaguardando posti di lavoro e facendo innovazione nel nostro Paese.

Fisco, Irap e incentivi innovativi. Potrebbe per davvero iniziare da qui la nuova politica economica italiana. Da queste
poche misure il Parlamento – se non fosse distratto da altre cose – potrebbe e dovrebbe iniziare a lavorare per le imprese, per i lavoratori e quindi per le famiglie e il Paese.

Massimo GUERRINI
Vicepresidente Vicario API Torino

1 Comment

  1. Giuseppe Marchisio 03/04/2011

    Credo che sia ora di contrapporre al neo dirigismo dei nostalgici IRI annidati nella sinistra che fa capo a silvio Berlusconi proposte atte ad attirare nelle imprese il risparmio privato degli italiani. Anche Lei, Dott. Guerrini, da vecchio liberale come il sottoscritto, ricorderà le battaglie condotte in merito dal parlamentare torinese Giuseppe Alpino, di cui mi onoro di essere stato, oltre he compagno di partito, collega al vecchio San Paolo. Distinti saluti.

    Giuseppe Marchisio

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