
Una società sciapa e infelice, questo è quanto ci comunica il 47° Rapporto Censis.
Io non ci credo e confido (ancora) nella capacità del nostro paese e di noi italiani di farcela.
Il Rapporto disegna una società senza fermento in cui circola troppa accidia, furbizia generalizzata, immoralismo diffuso ,crescente evasione fiscale e disabitudine al lavoro.
A me pare più che la fotografia attuale quella del nostro passato: che è stata una delle vere cause del nostro presente.
Abbiamo esagerato e perso vent’anni di opportunità che difficilmente si presenteranno di nuovo, ma soprattutto in questi venti anni abbiamo dato un‘immagine di noi poco seria e l’Europa oggi ci chiede il conto.
Chiediamo alla nostra politica nazionale di farsene carico, senza scuse perché non è più tempo.
Però questo conto l’abbiamo pagato e lo stiamo pagando di tasca nostra a beneficio purtroppo dei paesi europei più virtuosi, e non ci siamo nemmeno sottratti ai nostri doveri comunitari quando si è trattato di contribuire a pagare i conti di altri paesi in difficoltà, vedi Spagna, Portogallo e Grecia.
Abbiamo sostenuto fino ad oggi anche i costi salati del contenimento e della doverosa assistenza agli immigrati che hanno cercato la salvezza sul nostro territorio: il nostro sud è stato la porta per l’Europa per molti rifugiati.
C’è però un degradamento sociale, troppa gente non cresce ma anzi declina nella scala sociale e il sistema sta per rompersi.
Viviamo un inaspettato ampliamento delle diseguaglianze sociali che crea scontento e rancore, la crisi economica ha aggredito il ceto medio sottraendogli il senso di tranquillità economica e di fiducia nel futuro.
Dal 2008 a oggi sono stati persi un milione di posti di lavoro, circa il 20% del calo dell’occupazione dell’area euro e hanno chiuso più di 300mila aziende. Sono numeri spaventosi.
In dieci anni il debito pubblico è raddoppiato da 1.400 mld a 2.100 c.a. e il World Economic Forum ci ha relegato al 49° posto su 148 nella classifica per competitività.
La soluzione sta solo nella capacità della politica e nella classe dirigente pubblica e privata di mettersi in discussione e di innovare.
E’ troppo evidente come l’incapacità a riformarsi abbia prodotto da un lato un sistema di leggi di emergenza ,compulsive, non coordinate e prive di un disegno complessivo, e dall’altro lato una mancanza di trasparenza e di certezza che hanno impedito di fatto la crescita, gli investimenti e l’ammodernamento dei processi decisionali.
Inoltre, un ventennio di politiche troppo personalistiche e non rivolte al bene del paese, hanno portato al disinteresse della gente verso le tematiche di governo e di rappresentatività della politica e all’emersione di movimenti populisti, radicali e di distruzione del sistema che non hanno fatto bene al paese ma hanno anzi acuito il generale senso di emergenza e di precarietà.
Si è cercato insomma di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca.
Serve invece una politica forte e la fiducia del paese verso di essa in quanto solo una nazione forte può evitare il commissariamento da parte dell’’Europa.
Serve uno stravolgimento economico, burocratico, giuridico e psicologico.
Ma soprattutto serve l’esempio dal quale nessuno di noi può sottrarsi.
Massimo Guerrini
Vice Presidente Api Torino e Provincia.
Dicembre 2013