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Due parole di verità sul nostro impoverimento.

By admin on 29/06/2010 in L'editoriale
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Recentemente i media hanno riportato la notizia , tra le tante news schizzofreniche riguardanti la salute economico-sociale del nostro Paese, che il Pil pro-capite dell’ Italia sia poco sopra la media europea.
Una notizia che , per chi legge solo i titoli, sembrerebbe positiva.
Ma per fortuna c’è anche chi va oltre i titoli e magari ragiona e approfondisce.
Nel 2009 il Pil pro capite italiano è sceso al livello di quello raggiunto 1999. Un balzo all’indietro di ben dieci anni che rappresenta, in termini reali, il vero livello d’impoverimento del nostro “sistema paese”.

Questo dato nazionale, insieme a quello europeo di cui sopra, dice un paio di cose ben più importanti. La prima è che l’Europa unita è un continente che non cresce, la seconda, è che l’Italia non si discosta in nulla da tale realtà ed aggiunge a ciò un debito pubblico oneroso e deprimente per la crescita, oltre ad un tasso di natalità quasi a zero: quindi niente futuro.Le associazioni di categoria, a una delle quali mi onoro di appartenere come Vicepresidente (Api ndr), sostengono inoltre che gli ordinativi esteri e la produzione industriale sono a livello del 2005, non di più, e che sono stati distrutti 800.000 posti di lavoro: 400.000 occupati diretti e 400.000 indipendenti (fonte Centro Studi Einaudi).

La cosa triste consiste però nel fatto che l’attuale manovra “correttiva”, a detta dei suoi stessi ideatori, ha un obiettivo dichiarato. Ridurre il rapporto Deficit/Pil, intorno al 5%, al 3% previsto nel trattato di Maastrict.
Per raggiungere tale obiettivo esistono solo due vie. Ridurre il numeratore-deficit con il taglio della spesa pubblica oppure aumentare il denominatore-Pil, ossia realizzare le condizioni necessarie per avviare la crescita economica del Paese.

La prima via è quella apparentemente più ovvia, anche giusta intendiamoci, ed in realtà per un governante rappresenta la più semplice e la più populista: facile tagliare, peccato però che poi i governatori regionali vadano in piazza.
La seconda, invece, è quella più difficile da perseguire.Richiede idee chiare di sviluppo-paese e precise strategie di medio e lungo periodo per ridare ricchezza e competitività al’Italia: forse non premiante per chi preferisce ragionare sull’immediato

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